Sul Comando: autorità e responsabilità
C’è una sottile differenza tra la parola gestire e la parola governare. E, a seconda dell’ambito a cui si applica, le differenze possono emergere più o meno chiaramente. Questa differenza è puttosto evidente nello sport, nella politica e anche nella vita familiare. Non vale la pena scomodare una Treccani o la Crusca per ottenere una definizione su cui basare il mio discorso… piuttosto vorrei dare un significato a questi due termini facendo una similitudine con un tipo di organizzazione che mi è abbastanza familiare, cioè una nave. Tutti sappiamo che una nave ha un Comandante e un Comandante in seconda, una sorta di vice-comandante. Una “sorta”, ma non proprio. I compiti che si dividono queste due figure sono profondamente diversi. Il Secondo è un Manager delle risorse della nave. Dispensa incarichi, controlla l’ordine, la disciplina dell’equipaggio e l’efficienza della piattaforma.
Il Comandante, dal canto suo, è un Governatore. Rappresenta l’autorità del Comando, indica le direttive e gli obiettivi che tutto l’equipaggio, Secondo compreso, devono prodigarsi per raggiungere.
Ammetto che la nomenclatura che utilizziamo in Italiano può essere fuorviante. Gli inglesi probabilmente ci avevano già pensato a queste differenze sostanziali, e per questo non hanno un Comandante in seconda, ma un Primo e un Secondo Ufficiale dopo il Comandante. Non sono cioè dei “vice”, ma ruoli totalmente diversi.
Tanto diversi che non c’è una scuola che ti insegna a diventare un buon Comandante. In Marina c’è qualcosa che viene chiamata informalmente “Scuola Comando”, il cui scopo non è insegnare a Comandare, ma far capire che esistono responsabilità uniche e non delegabili che ricadono su un Comandante e solo su di lui. Ricordate il test della Kobayashhi-maru di Star Trek? Più o meno si tratta di quello: far capire che ovunque ci sia esercizio di autorità, ovvero una decisione, c’è una grande responsabilità, e che il lieto fine è solo una eventualità.
Quindi per il momento abbiamo stabilito che il comando è assunzione di Responsabilità, e non è poco, dal momento che questa Responsabilità è l’origine anche dell’Autorità.
Come per le navi, la stessa cosa vale anche per il governo del Paese, o per una dirigenza aziendale. Sono passati i tempi in cui il comando veniva concesso dalla divinità, o dal sangue reale. L’Autorità, o meglio la Responsabilità, è concessa da chi subisce le conseguenze del Governo: i passeggeri, i cittadini, gli investitori, e l’atto di tale concessione è basato sulla fiducia, sulle qualità morali e sulla traccia storica della provata capacità di successo nelle imprese passate. Quando vedete il vincitore delle elezioni esultare, state guardando, la maggior parte delle volte, un coglione che non ha capito la situazione. Salvo poi riprendersi pian, pianino, ed entrare nel ruolo con più cautela di quello che si sarebbe stati pronti a scommettere.
Ma perché? Perché, come dicevo poc’anzi, non c’è un manuale che spieghi come governare. Ci sono però innumerevoli studi, tecniche, e pratiche che spiegano come “gestire” efficacemente. Ed è qui che comincia il grande equivoco; è qui che si comincia a confondere la gestione con il governo. È la mancanza di consapevolezza della responsabilità, che spinge chi è investito dell’autorità al puro esercizio della gestione.
Prendere iniziative è rischioso, doloroso, costoso, e cone ignote possibilità di riuscita, mentre gestire, cioè applicare tecniche provate, sicure, affidabili, è leggero, veloce, agile. Ma è anche una sorta di “falso ideologico”, dove si viola il mandato di responsabilità per esercitare la sola autorità. Ma una buona gestione non conduce ad alcun porto sicuro, non fa raggiungere alcun obiettivo. È pura conservazione e limitazione delle, comunque inevitabili, “perdite”.
È tutto qui, molto semplicemente. Vedo intorno a me tanta competenza di gestione, ma sempre troppo poca governance. E il primo passo per una governance efficace e produttiva è l’assunzione di responsabilità: chiaro e semplice. Poi viene la convinzione nelle proprie scelte, la capacità di difenderle, e infine la (parziale e controlalta) cessione di autorità ai Manager.
Un Comandante non si cala le braghe davanti agli altri Comandanti, né tantomeno davanti ai propri ufficiali in seconda. Un Comandante sta in plancia, quando il mare è grosso, e affronta le onde. Un Comandante abbandona la nave per ultimo.