IA: Opportunità e Rischi dei modelli di linguaggio
Ho pensato molto a quale titolo dare a questo articolo sull’Intelligenza Artificiale, ma alla fine non ho trovato nulla di meglio. Quello che però manca nel titolo è la risposta alla domanda “per chi?”. A seconda della risposta, come è ovvio, le posizioni potrebbero essere totalmente ribaltate.
Certamente, allo stato attuale, l’opportunità siede comodamente ed esclusivamente nel salotto di chi possiedee la tecnologia. E il duplice motivo, trivialmente, è perché hanno un vantaggio tecnologico sul resto del mondo e molti forzieri zeppi di denari sui cui fondare altra ricerca.
Ma siamo certi che, in un momento in cui la parola GPT si pronuncia in 7000 diversi accenti in tutto il mondo, i notiziari traboccano di servizi a riguardo (nel bene o nel male), e i social fomentano l’hype di una nuova ed ennesima alba tecnologica, gli investitori siano disposti ancora per molto a non mietere un raccolto così promettente?
Personalmente sono certo che siano già all’opera, prima che la bolla si sgonfi e che le innumerevoli e diversificate regolamentazioni nazionali esigano di riscuotere la loro parte.
E molti altri, con ammirevole e opportunistico tempismo, sono all’opera nel costruire scatole, scatolette, lavatrici e frigoriferi dove alloggiare elettronica, contenuti, applicazioni e integrazioni pensati per offrire agli utenti 1 l’esperienza definitiva di cui non sapevano di aver bisogno.
Al contempo, molte Aziende leader nei loro settori, non possono di certo rischiare di perdere il loro vantaggio competitivo, incalzate da world-rank-experts, non abbracciando le IA che i loro competitor vorrebbero sfruttare per pareggiarlo.
Ed ecco che la bolla è piena in un attimo: hanno tutti giocato la partita perfetta sfruttando velocità, accuratezza e timore dell’ignoto.
“Ma tu parli così perché hai paura! La tecnologia esiste e funziona, non sono balle, e presto sostituirà anche te”
Non accadrà. E ne spiego il motivo: è esattamente come un generatore illimitato di lettere casuali, dove la magia dell’AI abbia lasciato solo frasi di senso compiuto ragionevolmente attese dall’interlocutore umano.
Eventualmente, con molto tempo a disposizione, riscriverà spontaneamente e per intero la Divina Commedia identica lettera per lettera, o poemi e ricerche di senso compiuto mai letti prima. Ma, per poter riconoscere e distinguere la loro originalità e validità, occorrerà che una persona scorga queste perle in un infinito flusso di frasi. Se tanto qualcuno le dovrà leggere tutte, valutarle e decidere se abbiano reale valore, non sarebbe meglio investire questo tempo in un modo più razionale? Tipo nell’educazione e nella formazione?
Ma allora dove sta il rischio se queste IA sono così inoffensive?
Se in molti adorano questa magnificenza, altrettanti la temono:
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Secondo un sondaggio Reuters/IPSOS il 61% degli americani afferma che l’Intelligenza Artificiale (così, genericamente…) rappresenta una minaccia per l’Umanità.
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Quasi tutti i governi “occidentali” concordano sulla necessità di regolamentare (in un modo o nell’altro) l’uso e lo sviluppo di dei modelli di linguaggio.
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Elon Musk e il “Future of Life Institute”, che ne riceve ricche donazioni, chiedono uno stop di 6 mesi allo sviluppo ulteriore della tecnologia. 2
Le ragioni, al di là delle irrazionali paure da romanzo in stile SkyNet o Matrix, le possiamo riassumere fondamentalmente in queste casistiche:
“L’AI sostituirà persone in lavori a bassa o media intensità intellettuale”
Possibile, per certi versi e con diversi limiti tecnici, quando il lavoro “intellettuale” è attualmente un lavoro di compilazione e ricerca su altri documenti. Però sarebbe assolutamente necessario concedere assoluta fiducia ad un sistema che non è deterministico.
“Del resto nemmeno un umano lo sarebbe”.
Vero, ma un umano è accountable, mentre l’IA non la puoi licenziare.
“L’IA raccoglierà tutti i nostri dati dai social, dall’email, dal cellulare, dagli estratti conto delle nostre carte di credito e confezionerà offerte irrinunciabili personalizzate per ognuno di noi, basandosi sui nostri gusti, sul nostro stile, sui nostri desideri, sui valori e su tutto ciò che ci è più caro”.
Esatto, lo farà. Anzi, lo sta già facendo da anni. Se la temiamo per questo, dovremo farci un esamino di coscienza e ricordare ogni volta che abbiamo premuto “Accetta tutti i cookies e prosegui”, oppure “Dichiaro di aver letto l’informativa della privacy”. Ma non è troppo tardi: è possibile evitare di spargere al vento la nostra vita in qualunque momento, rinunciando a piccoli guilty pleasures che non ci rendono persone migliori.
“L’IA potrebbe essre usata da governi totalitari per massimizzare la sorveglianza sugli individui e aiutare a perpetrare crimini contro i diritti umani, o da potenze straniere per sfruttare le nostre debolezze e indirizzare la nostra politica nazionale.”
Sì, anche questo già visto. Da anni. Been there. Done that.
Probabilmente manca qualche paura all’appello… se è così, per favore segnalatemela e la aggiungerò alla lista.
Una delle critiche più pungenti l’ho letta giusto oggi. Non ricordo le parole esatte o chi l’ha pubblicata, ma diceva pressappoco così:
“Viviamo in un mondo in cui la maggioranza delle persone che sopravvive, lo fa spezzandosi la schiena per un reddito minimo, mentre invece robot e computer scrivono poesie e saggi, ballano o realizzano opere d’arte. Non è il futuro che desideravo.”
Il vero rischio che vedo è quello dell’esplosione dell’ennesima bolla, come ne abbiamo finora viste tante, e la conseguente ennesima Caporetto degli investitori che ritireranno fiumi di miliardi dal settore per anni a venire. Faccio degli esempi a caso: Dot-com, Criptovalute, NFT, Metaverso.
Per adesso, per quello che riesco a vedere, c’è chi ha paure certamente fondate, ma anche piuttosto scontate. Ma basterà questo a minacciare, più di quello che già avviene da tempo, il futuro dell’Umanità? Probabilmente non sarà l’AI a minare il nostro futuro, non più di ciò che fanno altri nostri simili con la pretesa di salvarlo, il mondo.
Le tecnologie non sono mai buone o cattive, quindi forse è vero che tutto dipende dalle regole che decidiamo di dare loro. Regole che, come quelle per le armi nucleari o i diritti umani, hanno senso solo se tutti le rispettano… e qui mi sento gelare il sangue nelle vene.
Alla fine, non so proprio cosa pensare.
Per me queste tecnologie rappresentano opportunità di esplorazione, di utilizzo (consapevole dei limiti), e di ampliamento dei miei orizzonti umani e professionali, con meno tempo da passare a ricostruire e cercare e più a valutare e decidere.
Da un altro lato credo che i limiti siano molti, troppi, per costituire una nuova minaccia alle vere vittime, cioè alla proprietà intellettuale e alla privacy. Non possiamo farci più di tanto, se non insistere ed educare le nuove generazioni ad una maggiore consapevolezza.
A volte mi piace soffermarmi, guardano le mie figlie, e penso che questa consapevolezza per cui io mi sbatto l’abbiano raggiunta senza troppo sforzo, quasi come un’immunità ad un male endemico, a forza di guardare noi che perdiamo la testa dietro a questioni che hanno già giudicato e per cui hanno già preso contromisure a prova di Terminator.
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Strana parola utente in inglese: user non esisteva separatamente dall’espressione drug user prima dell’avvento dei computer Etymonline. ↩
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Questo punto meriterebbe una lunga trattazione a parte, tanto è agghiacciante nel suo lucido delirio. Per farla breve questo “istituto” non è contro l’IA, bensì la vede come fondazione per il miglioramento della vita dell’uomo in un contesto di lunghissimo termine. Il fatto è che l’IA dovrebbe essere esclusivamente sviluppata e guidata dai criteri di chi, come questi signori (ovverosia i loro miliardari finanziatori filantropi), abbia una mente illluminata dal desiderio di vedere l’uomo colonizzare lo spazio e l’intero universo in un arco di milioni di anni a venire. A questo scopo, e con la prospettiva di poter soddisfare l’esistenza futura di 1054 individui, non sarebbero probabilmente restii a sacrificarne una esigua frazione percentuale (giusto qualche misero e irrilevante miliardo di vite). La richiesta di mettere in pausa lo sviluppo (per soli 6 mesi) assomiglia molto, a mio modo di vedere, il tentativo di (A) rimettersi in pari con lo sviluppo e (B) di organizzare una intensa operazione di lobbying per piegare le regolamentazioni in via di definizione a favore della loro missione. Potete appronfondire qui: Against longtermism ↩