#EnshittificationIs
L’articolo di Cory Doctorow del Novembre 20221 è piuttosto chiaro in merito. Probabilmente, però, anche a lui sono sfuggite tutte le centinaia di sfumature che può assumere il fenomeno dell’enshittification che egli stesso ha coniato e che in seguito è divenuto virale.
Questa è la definizione, raffinata dal contesto e successiva al primo articolo2:
Così è come muoiono le piattaforme: prima si comportano bene con i loro utenti; poi ne abusano a beneficio dei loro clienti commerciali; infine abusano anche dei clienti per arraffare tutto il valore per loro stesse. Poi muoiono.
Io chiamo questa cosa immerdificazione3, e a quanto pare è una conseguenza inevitabile che emerge dalla combinazione della semplicità con cui una piattaforma alloca il proprio valore, e della natura di “negozio a due lati”, in cui la piattaforma è collocata tra gli acquirenti e i venditori, mantenendo gli uni ostaggi degli altri, arraffando una percentuale sempre maggiore del valore che viene trasferito fra di loro.
Dunque la definizione dice chiaramente che deve esserci un “rapporto a tre”. Non sono Doctorow, ma mi viene da pensare che ciò che è vero per le grandi corporazioni Big Tech, è altrettando vero per le start-up, quando al posto del partner commerciale lasci entrare le VC, gli investitori a cui non interessa nulla del business: sono lì solamente per vedere quanto valore riesci ad estrarre dall’utenza e arestituire loro. E dunque il fenomeno emerge, visibile, a volte lento e progressivo, a volte immediato e inatteso, quando un servizio, online o meno, viene trasformato da qualcosa che promette di migliorare la tua esperienza e semplificare alcuni aspetti della tua vita, in una prigione che ti costerebbe troppa fatica, preoccupazione, complessità o denaro eliminare: il perfetto vendor lock-in.
Pensiamo all’iPhone, ad esempio. Fighissimo, mi consente di fare tutto online, senza necessariamente avere un PC a disposizione. Tiene tutte le mie foto, i miei messaggi. Non sembra quasi vero che non ci sia limite ai dati che posso mantenere sempre a disposizione. E infatti non lo è. Il tuo prossimo telefono dovrà essere necessariamente un altro iPhone. E probabilmente dovrai acquistare un abbonamento per estendere lo spazio su iCloud, perché la dimensione che hai sfruttato con il tuo primo telefono era tarata perfettamente per mantenere 3 o 4 anni di foto e messaggi Whatsapp. Quando andrai a salvare il backup del tuo nuovo iPhone, scoprirai che ti serve altro spazio. E pagherai quello che devi, altrimenti dovrai selezionare che cosa tenere tra migliaia di foto e messaggi. Ti assicutro che ci vogliono giorni se decidi di selezionare realmente. Allo stesso tempo Apple ti profila e ti vende in forma più o meno “anonima”, avendo accesso a tutto ciò che ti riguarda, agli inserzionisti delle varie applicazioni o dei siti web che visiti. Dall’altra parte, nel bancone sul retro del negozio, tu artista emergente devi affidare le tue opere a iTunes, accettando contratti capestro, perché è l’unico modo per raggiungere le orecchie degli utenti.
Non ce l’ho con Apple (in particolare…), questo è solo un esempio: Google offre la stessa merdosissima esperienza con Drive e Android. Microsoft idem con Office e OneDrive. Ma 15 anni fa non era così: tutti ti offrivano gighi e gighi di spazio su cloud, così tanto che sembrava inesauribile per eoni a venire. Purtroppo nessuno faceva i conti con la legge di Moore, che - sebbene ridimensionata dalla realtà - rappresentava ancora un emblema, un campanello d’allarme verso i rischi del capitalimo senza freni e regole applicato alle tecnologie emergenti, giusto per dire.
Dove vediamo oggi l’enshittification all’opera? Non ho risposte definitive e complete, e gli esempi più succosi ed evidenti sono un po’ più lontani (per fortuna) dal mio sguardo, avendo rinunciato a Facebook, Instagram e Twitter più o meno quando è uscito l’articolo in questione (l’ho letto solo dopo, per la verità, segno che la trasformazione di Twitter in X ha messo in luce la reale natura bifronte di queste piattaforme, per tutti). Però questo fenomeno è presente ovunque, è un preciso modello di business, non un incidente imprevedibile.
Sono però convinto, nel mio ingenuo ottimismo, che il prendere coscienza di questo fenomeno può fare molto bene al mondo indie che riceve decisamente molta più attenzione e forza evangelizzante di prima. Come nel caso emblematico di Mastodon, che ha conosciuto una enorme crescita negli ultimi due anni, complice l’acquisizione di Twitter da parte di Elmo, tanto che Threads, la nuova piattaforma di Meta, sta mettendo a punto la federazione attraverso ActivityPub, il protocollo aperto del Fediverso.
Enshittification è… Telepass che raddoppia il costo del Canone unilateralmente, basandosi sul fatto che la maggior parte dei clienti non alzerà il culo dal posto di guida per recedere dal contratto e cercare un’alternativa. È anche “regalare il canone” ai primi 100k clienti4 che chiedono l’esercizio del diritto di recesso per far loro cambiare idea, perché l’importante è limitare la fuga oggi e mietere fra un anno, chissà con quali altre clausole vessatorie che oramai hai fatto accettare.
Enshittification è… essere passati dal vedere il Motomondiale e la Formula1 su Italia 1, seppur con 10 pubblicità al minuto, al non vederlo affatto se non paghi quasi mezzo milione di vecchie lire l’anno a Sky. Stessa cosa con il calcio, ma ve lo meritate… anzi cosa aspettate a pagare per vedere in 4K i pori depilati di 22 energumeni sudaticci che si ricorrono su un bel prato per un’ora e mezza?
Enshittification è… ottenere dai maggiori motori di ricerca una pagina di risultati che contenga: una sezione Annunci, una sezione Prodotti correlati, una sezione di Ricerche fatte da altri e finalmente i risultati di ricerca meno rilevanti del decennio. Per cui occorre fare una nuova e più precisa ricerca, raddoppiando gli annunci e i prodotti visualizzati.
Enshittification è… indurre, con la carota di una maggiore reach, i video-maker, i blogger, i podcasters ad esprimere contenuti in trend con gli altri, che siano politically correct à la Zuckerberg, salvo suggerire agli artisti e performer di lasciare le scarse entrate sulla piattaforma di streaming in cambio di visibilità (anyone?). Contenuti gratis per la piattaforma, ma dietro paywall e pubblicità per gli utenti! Venghino siòri, venghino!
Enshittification è… far dimenticare alle persone che esistono gli SMS (che tutti abbiamo gratis a centinaia al mese) e che tutti noi abbiamo un cazzo di numero di telefono, e che questo non serve solo a ricevere le chiamate dei Call Center molesti, e che non hanno bisogno di Messegner o Whatsapp per contattarti, e che la spunta blu non ha valore di Raccomandata A.R.
Enshittification è… farti credere che hai bisogno di assistenti virtuali, che possono leggere la tua posta, il tuo calendario, il tuo elenco di contatti e il registro delle tue chiamate. Le tue password, il PDF con le tue analisi del sangue, lo schermo della tua applicazione di Home Banking e le foto che fai ai piedi (a puro scopo medico). E quando ti fiderai di lui non potrai più farne a meno, perché avrai disimparato a organizzare le tue cose in modo da ritrovarle.
Enshittification è… ogni cosa che ti suggerisce che non puoi fidarti troppo di te stesso, in questo costante e merdosissimo tentativo di gaslighting globale.
Enshittification è… fammi sapere cosa è per te, nei commenti o sul Fediverso, hashtag #enshittificationIs.
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In inglese enshittification, impossibile da tradurre in italiano mantnendo la stessa sfumatura di significato e la vaga onomatopea dello sforzo correlato all’atto. ↩
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Non so quanti siano di preciso, in realtà, ma da una settiamana all’altra il call center di Telepass ha proposto ai miei colleghi, con sempre minore entusiasmo, nell’ordine: canone gratis per un anno, canone allo stesso prezzo per un anno, canone maggiorata solo del 50% per un anno, una cordiale stretta di mano. ↩