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Podcast: Quel tunnel del Kurdistan

Stagione 01 - Episodio 07

Questo episodio è in due parti, perché di cose da dire ce ne sono davvero tantissime. In questa prima parte parlerò del contatto e della progettazione, mentre nella prossima andremo sul campo a sporcarci finalmente le mani e fare ogni tipo di attività! Breve sunto di quello che già ho detto: l'azienda del mio babbo, in cui ho lavorato dopo essermi congedato dalla Marina, nel 2013 acquisì una importante commessa del Direttorato delle strade della regione autonoma del Kurdistan iracheno.

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Attribuzioni, riferimenti e ringraziamenti

Why the Tacoma Narrows Bridge Collapsed


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Totally Antisymmetric Tensor by Möbius - CC BY-NC-SA 4.0 - Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International.

Beyond Zero Gravity by Möbius - CC BY-NC-SA 4.0 - Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International.

Rising High by Möbius - CC BY-NC-SA 4.0 - Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International.

Trascrizione

Siamo giunti pressappoco alla fine della prima stagione, conto di fare un episodio in più oltre a questo… che sorpresa! sarà diviso in due parti. L’estate sta finendo, cantavano i Righeira, e il riavvio della scuola e degli impegni più “istituzionali” mi lasceranno un po’ meno tempo libero per registrare gli episodi ed editarli con la migliore cura di cui sono capace.

Mi concentrerò, a differenza di questi episodi abbastanza improvvisati, in anticipo su che cosa parlare nella seconda stagione e dovrò anche affrontare per il blog alcuni argomenti a cui tengo particolarmente.. ma non escludo episodi “speciali” a cui ho pensato nell’ultimo mese… quindi resta pure sintonizzato!

Ma veniamo all’argomento principale, ovvero “quel tunnel del Kurdistan” di cui ho fatto cenno nell’episodio scorso (che se ti sei perso puoi recuperare facilmente prima di proseguire). Questo episodio è in due parti, perché di cose da dire ce ne sono davvero tantissime. In questa prima parte parlerò del contatto e della progettazione, mentre nella prossima andremo sul campo a sporcarci finalmente le mani e fare ogni tipo di attività!

Breve sunto di quello che già ho detto: l’azienda del mio babbo, in cui ho lavorato dopo essermi congedato dalla Marina, nel 2013 acquisì una importante commessa con il Direttorato delle strade della regione autonoma del Kurdistan iracheno.

C’era dunque questo tunnel stradale di circa 3 Km che era stato costruito in una zona montuosa prossima al confine con l’Iran, vicino alla città di Sulaimaniah. Era intitolato all’ingegner Azmar, che perse la vita in un crollo durante i lavori di scavo all’inizio della costruzione. La ditta che aveva fatto i lavori non aveva le competenze necessarie a renderlo un tecnicamente all’avanguardia, con il corredo di impianti e automazione tipici dei tunnel europei.

Avevano cercato altre aziende, in Turchia e anche in Italia, ma erano stati in qualche modo “truffati”, prendendo l’anticipo e poi scomparendo. O questo è quello che che ci raccontarono. Quindi erano piuttosto diffidenti ed estremamente “demanding”.

Anche noi eravamo piuttosto guardinghi. Era la prima esperienza estera che ci capitava, e la prospettiva di andare a lavorare in Iraq, un luogo in cui le bombe non hanno mai smesso del tutto di esplodere, ci metteva in apprensione.

Il nostro intermediario era un signore Kurdo, che viveva nei pressi di Firenze facendo il pittore… Ma ci mise realmente in contatto dapprima con l’azienda incaricata e in seguito a lungaggini varie allo spazientito direttorato, o ministero che dir si voglia.

Mi ritrovai, verso marzo o aprile del 2013, a lavorare su una specifica tecnica piuttosto vaga, che chiedeva di preventivare (o “quotare”) un computo metrico molto generale.

Avevamo una bozza di progetto degli schemi degli impianti elettrici (da realizzare) e una serie di “requisiti” poco formalizzati delle caratteristiche del sistema di automazione e supervisione. Ma una cosa era chiara: volevano un sacco di telecamere!

Due requisiti erano particolarmente stringenti: volevano solo componentistica “made in EU”, meglio sei in Italia, ma non Europa dell’Est, né Asia né, preferibilmente ma non stringentemente, made in USA. Con qualche sforzo e un paio di deroghe per telecamere e hardware IT ce la potevo fare.

Poi c’era da preparare il contratto, in inglese. Ed io ero l’unico a conoscerlo sufficientemente bene per potermene occupare… rimisi mano ai miei studi di diritto internazionale e riuscii a fare un buon lavoro. C’erano elencate tutte le clausole, le cause di forza maggiore, il foro internazionale competente, le modalità di avanzamento e i pagamenti, gli allegati di computo metrico e gli schemi tecnici preparati dai colleghi… insomma un lavorone…

Pochi mesi dopo il Ministro, il suo secondo, il consulente e un paio di tecnici si presentarono a Firenze per discutere il contratto e, possibilmente chiuderlo. Ero agitatissimo, vestito di tutto punto in giacca e cravatta. Avevo studiato, sapevo tutto, ora li dovevo convincere.

Facemmo il giro degli uffici, presentammo tutto lo staff, il laboratorio di simulazione con una “beta” del sistema di supervisione in uno stile del tutto rinnovato. Via i mille colori, le animazioni, i pulsanti con icone fantasiose: base grigio chiara, testi neri, linee sottili ma visibili, unici colori solo per i dati essenziali e il rosso solo per le segnalazioni relative alla sicurezza. Era venuto proprio bene, seguendo una serie di best practices di relativamente nuova concezione.

Sembravano soddisfatti… era il momento di parlare di soldi, e di aggiustare alcune proposte che avevamo formulato. Ve la faccio breve. Loro non avevano i due milioni e 200 mila euro che chiedevamo, o non ce li volevano dare. Noi potevamo scendere, tutt’al più a poco sotto i 2 milioni, dopo di ché eravamo in rimessa… se non c’erano poi altri imprevisti.

Furono due giorni di trattativa serrata. Entravo e uscivo dalla stanza, al telefono di nuovo con tutti i fornitori per raschiare qualche decimale di sconto in più. Sapevo che se non prendevamo il lavoro non avevamo altre commesse per sostenerci tutti quanti.

Alla fine del secondo giorno, giovedì, se ne andarono incazzati. Era finita. Ma la mattina del terzo giorno, secondo le scritture, tornarono e dopo una accesissima discussione in cui fu coinvolto anche mio padre, anche lui incazzato che urlava con il suo inglese incerto cose che non capivo, parve farsi capire dal grande e grosso ministro baffuto.

Ma insomma, alla fine, con qualche altro trucchetto, che non sono nella posizione di poter rivelare, riuscì nell’impresa e ci aggiudicammo il lavoro… Ma pero noi il margine si era ridotto all’osso. Non potevamo aver sbagliato nulla, altrimenti ci avremo rimesso. Ma come ho già detto, il lavoro andava preso, a qualunque costo. E il costo si rivelò essere estremamente salato.

Ma non era il momento di rimuginare… ci mettemmo al lavoro come matti per finalizzare i progetti, i disegni, i programmi dei PLC e dei sistemi SCADA, tutti i dettagli più minuti: ci saremo trovati di lì a 5 o 6 mesi a lavorare in un luogo che non conoscevamo, in cui probabilmente trovare minuterie, attrezzi decenti o ricambi non era semplice. Dovevamo prevedere tutto il possibile. Furono mesi intensi in cui riuscimmo a fare ancora qualche economia, e anche qualche azzardo, attirando le ire dei fornitori… Ma eravamo in una posizione inusuale: le altre aziende erano ferme e noi in movimento. Mi sentivo quasi come il pifferaio magico…

Ad esempio nel tunnel erano già presenti luci e ventilatori, scollegati perché non c’erano gli impienti elettrici. C’erano una marea di ventilatori, molti più di quelli che di solito sono nelle nostre gallerie, e lo spazio per gli avviatori dentro ai quadri elettrici era troppo poco. I locali tecnici erano già stati costruiti e non si poteva chiedere di allargare le pareti.

La risposta ci venne dalla piccola azienda, ma con tecnici bravissimi, a cui ci eravamo appoggiati per la realizzazione di questi quadri elettrici. Ci proponevano di utilizzare degli inverter al posto dei normali avviatori, con un notevole risparmio di spazio.

Ma c’era un ma. Tutti sconsigliavano di usare un inverter a oltre un centinaio di metri dalla macchina da alimentare e noi dovevamo arrivare a un kilometro e mezzo. C’era il potenziale rischio di farli esplodere se si fosse formato un fronte di risonanza di ritorno.

Mon mi ricordo il termine tecnico, ma l’inverter lavora con le frequenze, e ci sono frequenze, dipendenti dalla lunghezza del cavo, che possono aumentare l’intensità l’onda di ritorno entrando in risonanza… avete presente quel video del ponte che inizia a oscillare a causa del vento e poi si rovescia? Link nelle note!

Arrivarono anche gli ingegneri tedeschi della ditta produttrice, e alla fine l’uovo di colombo. I cavi che erano stati passati nel tunnel non erano schermati, come lo sarebbero stati in Italia o in tutta la UE. Erano cavi semplici… e in quelle condizioni le armoniche sarebbero state in buona parte disperse e non costrette a “rimbalzare” dentro alla schermatura. Questa cosa ci avrebbe salvato la giornata! Per la rete non c’erano problemi di interferenze, dato che era tutta in fibra ottica, e dunque… via con il tango!

Un altro punto dolente erano gli apparati radio. Dovevamo fornire una stazione per le comunicazioni radio di emergenza, e inoltre la galleria doveva essere dotata di una antenna fessurata. In pratica un grosso cavo coassiale con delle “fessure” da cui fuoriesce la radiazione e consente di ricevere un canale in FM anche nel cuore della montagna. Il problema era che l’apparato radio doveva essere “sintonizzato” in fabbrica per essere efficiente, e avevamo bisogno di conoscere le frequenze dei servizi di emergenza. Capirete che queste informazioni sono riservate e che non vengono condivise allegramente… Insomma non abbiamo potuto provare il sistema prima che fosse arrivato a destinazione. Una incertezza che mis arei volentieri risparmiato, dato che nessuno di noi era in grado di metterci le mani se non avesse funzionato…

Ma l’anno nuovo alla fine arrivò… tutto pronto. Magazzino delle spedizioni pieno all’orlo, ingaggiati tre o quattro TIR da riempire e spedire via Nave fino alla turchia per poi metterli su strada e attraversare il confine… L’avremo mai rivisto un milione e mezzo di fornitura e le nostre attrezzature?

Lo scopriremo nel prossimo episodio!

Per oggi ti saluto e ti do appuntamento alla prossima settimana con la conclusione di questa storia!

Ciao e sigla!!

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