Podcast: S02 "La bottega di Efesto" - Ep. 06
Stagione 02 - Episodio 06
Il podcast... "conservatore"
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Questo episodio del podcast è rilasciato con licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License. Contiene spoiler.
Attribuzioni
Musica: Kevin Hartnell - Earth and Stone Source: freemusicarchive.org Licenza: CC-BY-SA
Musica: Siddartha - Light and Shadow Source: freemusicarchive.org Licenza: CC-BY-NC
Trascrizione
Ciao, oggi vorrei fare qualche considerazione circa la capacità e l’opportunità della conservazione della conoscenza.
Non sono certo un esperto, se escludiamo qualche conoscenza di principi di Data Integrity e archiviazione di dati spendibile in ambito farmaceutico, ma ci sono organizzazioni non governative e no-profit che svolgono un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle informazioni pubbliche per la società civile.
Alcuni esempi sono la nota Wikimedia Foundation, che pubblica Wikipedia, ma c’è anche l’Internet Archive. Fondazioni non a scopo di lucro a cui dono annualmente una piccola somma.
Ma non sono le uniche. Oltre ai musei e alle biblioteche pubbliche ci sono centinaia di associazioni dedite alla conservazione. Anche solo gli appassionati di filatelia, di videogiochi retrò, o i collezionisti di qualunque cosa… Sono il tessuto connettivo di una rete di conservazione capillare ed estremamente minuziosa.
Perché preservare è un istinto naturale che diventa, a seconda dei contesti, un imperativo etico, un dovere, l’unica forma di resistenza possibile… e cancellare è un reato contro l’umanità.
E se tutti gli altri avessero accettato le bugie imposte dal Partito - se tutti i documenti avessero raccontato la stessa storia - allora le bugie sarebbero passate alla storia e diventate verità. «Chi controlla il passato, - recitava uno slogan del Partito, - controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato».
Questo è un estratto del famoso romanzo distopico di George Orwell, intitolato “1984”. Lo potete trovare (ancora per adesso) nelle librerie. Procuratevene una copia oggi stesso.
Non starò a fare la parafrasi e a spiegare parola per parola, il senso mi sembra sufficientemente chiaro.
Ci sono tante cose che potremmo fare, ma non sono molte quelle che potrebbero cambiare qualcosa.
Qualcun altro ha avuto modo di riflettere moltissimo su questi temi e ha trasformato le sue riflessioni nel romanzo generazionale definitivo. Parlo di Isaac Asimov e del suo così detto “ciclo delle Fondazioni”.
** Attenzione, segue spoiler **
Uno dei protagonisti, il matematico Hari Seldon, grazie alla disciplina di sua invenzione, la psicostoria, che consentiva, grazie ad una enorme mole di informazioni storiche e comportamentali (big data quando ancora non esisteva) e a complessi calcoli matematici (LLM quando ancora non esisteva), aveva previsto la caduta dell’Impero Galattico e pure il periodo di arretramento culturale e tecnologico di centinaia di migliaia di anni che ne sarebbe seguito. Hari aveva dunque ideato un piano “generazionale” con lo scopo di anticipare la caduta dell’Impero per poter ridurre anche l’inevitabile medioevo che ne sarebbe scaturito a “solo” un migliaio di anni, anziché decine e decine di migliaia. La premessa per la riuscita di questo piano era semplice: realizzare una Enciclopedia Galattica per preservare le opere, le arti, la cultura ma soprattutto la scienza.
No, il senso non è che dobbiamo diventare tutti dei bibliotecari… Però, forse, farebbe bene riflettere sulla disponibilità della conoscenza e sulla implausibilità che quelle che oggi consideriamo risorse pubbliche o libere possano mantenersi tali indefinitamente. Perché rischiare di non poterne più usufruire per qualsivoglia capriccio di un Governo o di nuove Leggi e Disposizioni? Quando archiviare l’intera Wikipedia, per fare un esempio, pesa qualche decina di gigabyte solamente? Entra su un pendrive, per dire.
Come novelli Hari Seldon, di fronte all’eventualità di “improbabili” eventi politici, ciò che possiamo concretamente fare è prendere l’impegno a preservare qualcosa, seppur di poco valore.
Preservarlo gelosamente, non voglio dire “in segreto” e quindi userò l’espressione “in dignitoso riserbo”.
Li abbiamo visti, i roghi di libri. Sono storia di poco meno di un secolo fa, e in qualche luogo lo sono tutt’oggi.
Si bruciano per esorcizzarli, perché i libri vanno temuti: diffondono idee, piantano semi del dubbio, insegnano a ragionare, a desiderare. Come li temeva la Chiesa nel Medioevo. Che malgrado le immense perdite di opere non gradite, ha però concesso gentilmente all’Umanità di poter accedere ad una “selezione approvata e corretta” di opere accettabili.
Bruciare un libro per far sì che non possa essere letto dovrebbe essere un crimine contro l’umanità. Non sono un lettore accanito, questo lo ammetto, e la mia libertà di leggere quello che desidero l’ho sempre usata male. Forse avrei potuto leggere più filosofia e letteratura classica, ma non ne sentivo, grande, il bisogno.
Oggi, invece, mi sento come se fossimo “alle porte co’ sassi” cose se sentissi la necessità di assicurare ai miei figli e agli eventuali nipoti l’accesso alle opere fondamentali.
Ahimé non sono in grado nemmeno di fare una lista che abbia senso… Forse il sapere enciclopedico potrebbe rappresentare una base appropriata: la versione digitale, Wikipedia, di fianco ad un paio di opere stampate, il Dizionario Enciclopedico Treccani e l’Enciclopedia del Novecento.
Ma da solo tutto questo non basta. Servono anche opere di denuncia, opere di filosofia politica, opere che smuovano la coscienza e accendano il cervello. Serve mantenere opere di Orwell vicino a quelle di Kant, opere di Asimov di fianco a quelle di Gramsci, la Bibbia appiccicata al Capitale.
Oltre ai libri, poi, oggi godiamo dell’immensa ricchezza rappresentata dal web. Che è anche fragilissima: basta un click per eliminare Terabyte di dati, interi siti, ricerche, informazioni essenziali… lo stiamo vedendo in questi giorni.
Certo da qualche parte esiste una copia, perché esiste una iniziativa chiamata End-of-Term-Archive (EOTArchive.org), che archivia il contenuto dei siti dell’amministrazione Federale statunitense ad ogni nuovo insediamento. Ed esiste perché questa considerazione non è la prima volta che viene fatta. Quest’anno hanno archiviato più di 500 terabyte tra siti web, contenuti multimediali e documenti.
Il suggerimento che voglio darti oggi è quello di visitare archive.org, leggere della loro missione e dei principi che guidano il loro lavoro, di sottoscrivere il feed RSS del loro blog, dove parlano di come conservare artefatti, anche i più particolari e curiosi, di come accedere a un insospettabile quantità di risorse che giorno per giorno entrano del dominio pubblico, di come procedono le loro attività. E se puoi permetterti una piccola donazione, sono certo che sono soldi spesi bene e investiti per le future generazioni. È qualcosa di estremamente concreto.
Infine ti segnalo due applicazioni interessanti che ho scoperto giusto ieri sera e che ho già installato e attivato.
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La prima è ArchiveBox, che consente nel proprio piccolo di creare il proprio archivio di pagine web, in modo del tutto simile alla Wayback Machine di Internet Archive.
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La seconda è Kiwix, che permette di archiviare sul proprio PC e di fruire offline di diverse risorse configurate al suo interno, come Wikipedia in italiano, i TED Talks su svariati argomenti, dizionari, libri del progetto Gutenberg in italiano. Una quarantina di gigabyte, secondo me, investiti non bene, benissimo!